Antonio bramato: ripensamenti e approfondimenti.
Riflessioni, conferme e novita' sulla sua recente esperienza pittorica.
(di Giovanni Giangreco, storico dell'arte)
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Pittore, architetto, conservatore, pittore.
Fino ad oggi.
L'itinerario artistico e professionale di Antonio Bramato credo possa essere sintetizzato in questo percorso, umano e culturale ad un tempo, nei luoghi della sua attività: la Puglia e il Salento.
Ma Antonio, da artista autentico, continua a cercare orizzonti inesplorati ambiti di ricerca che lo portano a scandagliare esperienze culturali sempre nuove per quella sua naturale apertura della mente che riflette la sua perenne inquietudine creativa.
è probabilmente questo l'elemento più appariscente che, per decenni, ha qualificato anche la sua esperienza al servizio dei beni culturali e che ha cementato, insieme con il mio, l'impegno comune per il territorio salentino e la nostra amicizia. Lui, architetto, con una iniziale frequentazione romana e poi pugliese alle spalle; io, storico dell'arte, con un intenso, fecondo e impegnativo settennio lucano, abbiamo affiancato le nostre esperienze professionali per un obiettivo in favore del territorio che avesse giustificato e dato senso alla scelta di rimanere nella terra d'origine di entrambi ripagandoci, almeno in parte, delle rispettive rinunce alle aspirazioni giovanili.
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Il territorio, il senso più profondo della cultura dei luoghi, il rapporto con la gente vista sempre come interlocutore privilegiato per la conoscenza, la salvaguardia e la restituzione cosciente della memoria delle testimonianze culturali e dello loro storia intrinseca e, alla fine, il valore oggettivo delle connotazioni culturali del nostro territorio che per lui ha sempre significato il paesaggio. questa è stata la spinta più forte per far attecchire nella nostra realtà territoriale un'idea condivisa di comportamenti virtuosi che fosse ad un tempo inedita esperienza culturale diffusa e fondamento per l'identificazione delle coordinate culturali più autentiche che avrebbero potuto consentire alla vecchia Terra d'Otranto di confrontarsi, anzitutto, con la proprio storia e , successivamente, con quella delle altre regioni del Mediterraneo.
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E chi non tiene conto di questi trascorsi e da quali presupposti nasce tutto il suo impegno in favore del territorio, non riesce a spiegarsi l'insistenza, quasi ossessiva starei per dire, per il tema del paesaggio, per il suo valore scenografico ed educativo, sottolineato da un cromatismo acceso a volte impressionista o macchiaiolo e persino fouve che rasenta l'essenzialità in talune immagini, spesso subliminali e quasi oniriche; certamente poetiche.
Il Capo di Leuca, innanzitutto, con il suo mare, le coste con spiagge e insenature, rocce scoscese, cave, torri di vedetta e costruzioni rurali in pietre a secco, la terra rossa, le masserie, il duro lavoro dell'uomo su una terra ingenerosa che si ostina a non farsi lavorare mimentizzandosi, quasi a dispetto di quanti hanno provato a renderla fertile, con le rocce e le pietre nel tentativo, si potrebbe dire, di mettere alla prova la pazienza e la resistenza dei contadini. Natura e storia si immergono e si confondono nel colore. qui sta la novità delle più recenti riflessioni dell'artista sul paesaggio. Non soltanto, quindi, l'identificazione del luogo nei suoi caratteri essenziali e di identità geografica e naturalistica, ma la scoperta della sensazione emozionale che il luogo stesso emana, dove forma, volumi, luci, ombre, colori, si mescolano in un insieme cromatico e luministico ad un tempo e si traducono in una nuova identità che può essere percepita, più che dai soli occhi, dalla mente e dal cuore. E qui viene fuori, naturalmente direi, il legame sentimentale con i pittori del passato; Van Gogh a cui pare in gioventù Antonio aveva dedicato un omaggio e Vincenzo Ciardo, il quale del Salento ha saputo cogliere l'anima della natura compenetrata con quella dei suoi abitanti traducendole in una visione nuova dello spirito dei luoghi che è quanto Bramato ha sublimato, se possibile con ancora più slancio, mediante la forza e la capacità evocativa del colore.
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Ma in quest'ultimo parallelo ci sfiora un dubbio, che la mediazione con la recente tradizione pittorica salentina, da sola, non sia sufficiente a dare ragione di quanto intrapreso da Bramato. Vi è la componente della macchia che in alcune tele tende quasi a superare il limite dell'informale ma non lo attraversa del tutto. è forse verso quest'inedita apertura che la ricerca pittorica dell'artista ha intuito un percorso nuovo; che in futuro non sappiamo se attraverserà per intero o se lo porterà a concentrarsi sulla solo intuizione estetica per rimettere ordine alle sue fonti di ispirazione ed offrire, con le sue meditazioni più recenti, un equilibrio diverso rispetto alla sua esperienza figurativa di lontana ascendenza tonale.
L'esperienza artistica Ciardo-Capo di Leuca non va però letta come filiazione meramente culturale o accademica, come il filo rosso-o, piuttosto, come un cordone ombelicale- di una appartenenza che lo lega ad un territorio che conserva, ancora intatti, valori naturali ed umani altrove perduti per sempre. Nel Salento come in Puglia.
Sotto questo aspetto la sua pittura continua a rappresentare una testimonianza, estrema al giorno d'oggi, di una sensibilità e di una capacità di recepire e trasmettere l'emozione di un passato in cui uomo e territorio erano una cosa sola e che l'arte contemporanea, spesso, ha colpevolmente rinunciato ad indagare e che ha espunto dai propri orizzonti di ricerca.
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Un'ultima osservazione va fatto per i soggetti legati al carsismo pugliese.
Le grotte. Che, in Puglia, sono per antonomasia, quelle di Castellana.
Queste grandi tele che nell'intera opera di Bramato rappresentano una breve, anche se intensa, fase della sua produzione pittorica- per certi versi quasi un unicum-, testimoniano la sua tensione emotiva nell'indagare il territorio che non si ferma soltanto di fronte alla luce del Sole, ma che trasferisce la sua percezione sensoriale ed artistica anche sottoterra con la medesima passione conoscitiva . Penetrare con lo sguardo l'interno degli ambienti carsici per lui è come entrare dentro un'altra dimensione del paesaggio all'aperto dove la grandiosità dei fenomeni naturali suscita lo stesso stupore e la stessa inquietudine creativa.
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Dopo questa recente, sofferta fase della sua arte il pittore ci obbliga a vedere con sguardo nuovo le proprie opere, con una raggiunta maturazione che segna, anche psicologicamente, il distacco definitivo dell'esperienza del mondo e della burocrazia e dei suoi limiti. L a concentrazione sui valori artisticamente asfittici rispetto alle sole prassi conservative lo ha spinto a riflettere sulla sua produzione precedente a riprenderne i valori lirici sublimandone i soggetti che da luoghi della memoria collettiva diventano luoghi dell'anima.
Quello da lui scelto è un percorso più congeniale e familiare ai poeti e agli scrittori.
Un atteggiamento estetico, quindi, più da poeta che da pittore; libero, ormai dall'indulgenza comunicativa della riconoscibilità dei siti e teso alla compenetrazione della meditazione con l'afflato lirico dei luoghi. In questo suo sforzo di ricerca verso un nuovo equilibrio espressivo individuato anche nella dimensione spirituale dei soggetti, vanno riconosciute le acquisizioni più recenti della sua opera.