Antonio bramato: alchimie architettoniche e altre riflessioni.
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(di marina pizzarelli)
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È sempre un'esperienza interessante visitare gli studi degli artisti, individuare i percorsi della creatività proprio nel “luogo del delitto”, tra oggetti, strumenti, materiali, prove e bozzetti, opere datate e recenti, nel disordine stratificato di vita e lavoro... E lo è in particolare nello studio di Antonio Bramato, architettopittore animato da una sorta di ossessione compulsiva, di passione fatale per l'arte, cui oggi si dedica a tempo pieno dopo una brillante carriera nella conservazione, restauro e riadattamento delle nobili vestigia architettoniche del passato salentino.
Ci si arriva, in questo studio affacciato in cima ad una torre settecentesca nel centro storico di Lecce, attraverso misteriose scale realizzate torno entro lo spessore delle mura dell'edificio e, infine, la sorpresa: nell'ordine assoluto e nella luce degli ampi spazi una grande quantità di quadri accatastati e in lavorazione e, oltre la terrazza, il prezioso panorama della città antica, tetti e campanili riconoscibili in molte tele dell'artista (Lecce, veduta dallo studio, 2010; Lecce, veduta dallo studio al tramonto, 2010; Lecce, veduta dallo studio verso San Matteo, 2011).
I temi affrontati nell'appassionata ricerca pittorica di Bramato sono molteplici.
Ogni spunto è occasione per praticare il piacere della pittura in cicli tematici in cui ogni quadro sembra nascere dal precedente e presupporre il successivo, in una sorta di coazione a ripetere perché “il soggetto – scriveva André Malraux – è ciò che dà al pittore il più violento desiderio di dipingere”. Ecco le serie dei paesaggi pugliesi, delle città, delle grotte, i fiori, i pesci, le geometrie astratte... Un viaggio per emozioni
narrato in immagini di luce e colore.
Decidiamo con Patrizia Erroi, architetto e sensibile moglie dell'artista, di identificare un percorso espositivo che conduca dal paesaggio alle più recenti astrazioni geometriche, nel segno dell'architettura. Perché sembra essere proprio questo il filo conduttore che struttura tutta l'opera di Bramato, a partire dai paesaggi di natura, connotati da un magma di pennellate dense, rapprese e condensate in intense ondate emotive. Negli
impasti di colore la consistenza della materia cromatica “architetta” il quadro, crea un ritmo di linee e colori, costruisce i volumi.
È una pittura paesaggistica e descrittiva, animata dalla memoria emotiva che si pone, con le dovute differenze, nella linea di un'ampia casistica “salentina”, da Casciaro a Ciardo, da Gaetano Giorgino ai Palumbo, fino al maestro di Bramato nel Liceo Artistico di Lecce, Raffaele Spada. Non mancano (attraverso Ciardo) memorie vangoghiane, l'espressionismo e il fauvismo, che naturalmente rispondono a quell'esigenza di immediatezza
comunicativa che caratterizza il lavoro dell'artista.
Via via la tensione empatica sembra allentarsi, dilatarsi in più ampie stesure, come nelle lunghe composizioni panoramiche orizzontali di paesaggi salentini (Tramonto rosso, 2009; Marina al tramonto, 2009; Paesaggio salentino con masseria, 2009). Inizia un consapevole lavoro di sottrazione, sia della materia cromatica, ora meno spessa sedimentata “sofferta”, ma più limpida trasparente luminosa; sia della forma, sempre più sintetica
e “alleggerita” dei dettagli descrittivi (Otranto, verso la Torre del Serpe, 2010).
L'artista, dando inizio all'ampio ciclo dei ritratti di città, sembra voler superare l'antica antitesi tra natura e cultura: qui artificiale e naturale non solo sono compatibili, ma si integrano e l'uomo sembra cercare il proprio posto nel mondo in punta di piedi, perché la sua impronta ecologica sia leggera. Come un landscape designer Bramato ipotizza e suggerisce un'idea di armonia che ritrova in alcune città da lui visitate, trasfigurando nella memoria natura e topografia dei luoghi. Vengono in mente gli affreschi senesi con le Allegorie del Buono e del Cattivo Governo di Ambrogio Lorenzetti, con le ingenue vedute panoramiche della città e del contado, in cui il paesaggio urbano è una realtà costruita dall'uomo in armonia simbiotica con la natura (Paesaggio urbano umbro, 2011; Centro storico di Cracovia, 2011; Paesaggio umbro con tetti rossi, 2011; Paesaggio urbano in Algeria, Valle di M'Zab, 2011; Paesaggio con cattedrale del nord Europa, 2011).
La città sembra “fiorire” dal verde circostante, ignora la presenza dell'uomo (Paesaggio con luna rossa, 2011; Paesaggio urbano notturno con castello, 2011; Paesaggio con torre campanaria, 2011). Talvolta, al cospetto della nobiltà architettonica del passato, assume atmosfere metafisiche (Veduta di Firenze, 2010; Monumenti, 2011).
Quello di Bramato è uno sguardo che osserva contempla aspira ad un ordine poetico, ad un giusto rapporto tra uomo e natura, alla perfetta armonia tra tessuto umano e tessuto urbano. E compone le sue visioni di città come su un pentagramma, in una sorta di musicalità cromatica che non è solo mentale e concettuale, ma soprattutto empatica.
Poi il paesaggio urbano sembra via via dissolversi in ritmiche geometrie colorate, risultato di un'ulteriore indagine nel segno della riduzione, della sintesi. È possibile leggere chiaramente questo percorso in una serie di panorami di città dominati dalla luna in cui progressivamente gli edifici e l'astro celeste si trasformano e si compenetrano in un gioco di scomposizioni e incastri ritmico-geometrici di forme (Costruzioni verso l'alto, 2011; Composizione con sfere, 2011; Composizione con luna rossa, 2010).
Nella volontà di “ammodernamento” del linguaggio pittorico, Bramato compie una scelta astratto-costruttiva, rinunciando all'altra via possibile, quella che porta alle estreme conseguenze lo sfaldamento della materia pittorica nella luce e nella potenza emotiva della pennellata, in quell'altro percorso verso l'astrazione che va da Turner a Monet fino all'Informale. Ancora una scelta da architetto, perché le forme pure geometriche hanno fortemente influenzato l'architettura moderna e contemporanea, da Le Corbusier alle archistar del nostro tempo.
Oggi Bramato dà vita ad un universo di forme geometriche strutturate e ritmate che enfatizzano la bidimensionalità della superficie dipinta e rimandano al dinamismo cromatico dell Optical Art e, ancor prima, alle Compenetrazioni iridescenti di Giacomo Balla. Una sorta di percorso virtuoso atto di sfida nei confronti della sua pittura precedente e, forse, ancora una volta preludio a futuri inaspettati esiti della ricerca.